venerdì 20 novembre 2009

Barry Horn e la sua storia


Barry Horne e la sua storia non devono cadere nel dimenticatoio! Egli dovrà essere sempre ricordato, dal movimento animalista, come una persona eccezionale, una persona che dedicò la sua vita alla salvezza degli animali.

Nato nel 1952 a Liverpool, viveva a Northampton ed era un netturbino sposato due volte e con due bambini. Barry ha dimostrato di essere una persona eccezionale dedicando la sua vita alla salvezza degli animali, ma la storia del suo coinvolgimento nel movimento ha un inizio normalissimo; semplicemente s’imbatté in una delle prime riunioni, nel 1987, del Northampton Animal Concern (NAC). Il suo coinvolgimento fu subito totale, cominciarono così le azioni che portarono alla liberazione, dai laboratori, di centinaia d’animali. La maggior parte di essi fu salvata dai laboratori della Boots, o da Interfauna che riforniva i vari centri di ricerca.

Quando si parla dell'ultima parte dell'attività di Barry, prima del suo arresto, la storia si fa un po' nebulosa, perché spesso lavorava da solo, fuori della legge e molte cose se l'è portate con se nella tomba. Quello che c'è di sicuro è che nel luglio 1996 fu arrestato nei pressi di un centro commerciale di Bristol e indagato per possesso di congegni incendiari e tentato incendio. La polizia dichiarò che da un mese aveva seguito le sue mosse impiegando una squadra di 50 agenti. Inoltre sosteneva che Barry era responsabile di un’ondata d’attacchi incendiari durata anni; tra le accuse la partecipazione all'incendio, nell'isola di Wright, di un negozio Boots, un 'caccia e pesca' e ad una sede dell'associazione di ricerca sul cancro (noti vivisettori), con danni totali di 3.000.000 di sterline.

Sebbene la violenza distruttrice dell’ALF fu diretta solo a cose inanimate, la vendetta delle istituzioni sarebbe stata dura e questo Barry lo sapeva. Il giudice Darwall-Smith descrisse, durante il processo, l’attività di Barry come terrorismo urbano, pur accettando l’idea che Horne non voleva colpire esseri umani. In tale occasione, Barry si dichiarò un combattente per la causa animale che lottava per difendere gli animali vivisezionati nei laboratori. Egli chiedeva la fine immediata di tutte le pratiche di vivisezione, che non riguardassero la scienza medica, in particolare quelle fatte dal centro ricerche Portland Down, la chiusura immediata del Comitato Procedure Animali (la parte statale che sponsorizza la vivisezione) e l'impegno per la fine di tutte le pratiche vivisezionistiche entro l'inizio del 2000.

La sentenza fu pesantissima: 18 anni di carcere!

Ma questa sentenza che intendeva cancellarlo dalla lotta e dare un monito agli altri animalisti non servì a niente, anzi, gli attacchi animalisti si moltiplicarono e Barry fece ciò che poteva fare da dietro le sbarre. Nel gennaio 1997 iniziò uno sciopero della fame contro la vivisezione. Le richieste di Barry erano per forza di cose rivolte a viscidi politicanti ma il messaggio era soprattutto per il movimento di liberazione animale. Il primo sciopero della fame finì dopo 35 giorni quando i politicanti accolsero la richiesta di incontrarsi con i militanti delle campagne in corso. Quando le vaghe promesse di queste merde si rivelarono per quello che erano, nell'agosto dello stesso anno ricominciò con lo sciopero della fame, questa volta durato 46 giorni. Fu così che gli attacchi non furono portati solo nel cuore della notte, ma anche durante le manifestazioni di fronte a laboratori o allevamenti, dove attivisti si scagliavano a decine contro le reti e i cancelli, tirando sassi, scontrandosi con la polizia, e liberando, in alcune occasioni, animali in pieno giorno. Hillgrove Farm, Shamrock Farm, Consort, Horlan Olac: durante le manifestazioni di solidarietà a Barry la rabbia degli animalisti non era più contenibile.

Il terzo sciopero della fame fu il più lungo, 68° giorni, Barry era pronto a portare alle estreme conseguenze il suo impegno e tutti avrebbero saputo che se lui moriva, la sua morte sarebbe stata anche responsabilità di chi governava, quindi dei Laburisti, Tony Blair in testa.

I tre scioperi della fame avevano messo il suo corpo e la sua mente a dura prova. La sua salute peggiorava irrimediabilmente, qualcosa lo faceva in ogni caso andare avanti ma il suo corpo era debole e fragile: nonostante questo si impegno in un altro sciopero della fame, felice che in tutto il mondo si susseguirono azioni in solidarietà alla lotta animalista e che centinaia di animali fossero liberati dai luoghi di tortura. Dagli USA, alla Scandinavia, dalla Germania, all'Italia la lotta contro la vivisezione ha avuto un nuovo impulso, spinto dalla determinazione di ogni singolo individuo. Barry trascorse mesi di terribile agonia, questa volta il suo fisico non fu all'altezza del suo spirito, morì il 5 novembre 2001.

L'ultimo estremo atto per gli animali non è caduto invano... migliaia d’attivisti hanno capito che non ci sono limiti alla lotta. Non ti dimenticheremo, e non dimenticheremo neanche i tuoi assassini.

Ogni anno in mezzo mondo il ricordo del sacrificio di Barry è compiuto attraverso centinaia di azioni dirette, perché l'azione diretta è l'unica arma per la liberazione animale in cui lui credeva.

“La lotta non è per noi, né per i nostri bisogni personali. E' per ogni animale che ha sempre sofferto ed è morto nei laboratori di vivisezione e per ogni animale che soffrirà e morirà in quegli stessi laboratori, a meno che noi non faremo cessare ora questo sporco business. Le anime degli animali torturati gridano per la giustizia, le loro urla da vivi sono per la libertà. Noi possiamo creare quella giustizia e dargli quella libertà.Gli animali non hanno nessuno tranne noi, non possiamo abbandonarli”

(ricerca fatta da alexander hans reush che ringrazio)

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